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Il governo emana il Decreto Sicurezza
Foto via Pixels/Creative Commons ([link removed])
Il governo adotta ufficialmente il Ddl 1660 attraverso l’utilizzo del Decreto, un nuovo schiaffo ai diritti delle persone detenute in carcere e nei Cpr. Nel frattempo la Libia vuole cancellare l’ultima “parvenza” di tutela di diritti fondamentali espellendo le organizzazioni umanitarie.
1. È ufficiale: il governo adotta il nuovo Decreto Sicurezza
Il governo con un decreto ha adottato il tanto discusso Decreto Sicurezza, già definito da Antigone il più grande attacco alla libertà di protesta della storia repubblicana. Tra le modifiche apportate ([link removed]) rispetto al testo precedente, le persone migranti non devono più mostrare un permesso di soggiorno valido per ottenere una sim, basterà mostrare un semplice documento di riconoscimento.
Tuttavia rimane l’impianto totalmente repressivo del Decreto: “La bozza del decreto è una riproduzione quasi integrale del disegno di legge precedente. Nulla di rilevante è cambiato sulla criminalizzazione della disobbedienza civile. I detenuti sono trattati come rivoltosi anche se resistono passivamente a qualsiasi ordine dato da un poliziotto; non si specifica che l’ordine debba essere legittimo”, afferma ([link removed]) Patrizio Gonnella, Presidente di Antigone, in un’intervista a l’Unità.
E a proposito di persone detenute, le persone rinchiuse in Cpr subiranno un'ulteriore forma di repressione, ricordiamo che: “[...] è punito con la reclusione da 1 a 6 anni chi promuove, organizza e dirige una rivolta, mentre la sola partecipazione prevede una pena da 1 a 4 anni. Nel caso in cui vi sia un utilizzo di armi, si rischiano da 2 agli 8 anni, mentre se nel corso della rivolta qualcuno rimane ucciso o riporta lesioni gravi o gravissime (anche nel caso in cui l’uccisione o la lesione personale sia avvenuta immediatamente dopo la rivolta e in conseguenza di quest'ultima) la reclusione prevista va dai 10 ai 20 anni” si legge ([link removed]) su La Via Libera.
2. La Libia espelle le organizzazioni umanitarie
La Libia espelle l’Unhcr, sancendo definitivamente qualsiasi parvenza di tutela di diritti umani.
“L’agenzia delle Nazioni Unite Unhcr e dieci ong sono state definite un pericolo per la sicurezza nazionale della Libia e obbligate a sospendere immediatamente le attività, chiudere gli uffici e allontanarsi dal Paese. Colpite dall’ordinanza dell’Agenzia della Sicurezza interna di Tripoli sono fra le più note organizzazioni umanitarie al mondo: Medici senza Frontiere, Intersos, Acted, Terre des Hommes Italia, Cesvi, International Rescue Committee, il Consiglio norvegese per i rifugiati e il suo omologo danese, International Medical Corps, e CARE Germania-Lussemburgo”, scrive ([link removed]) la giornalista Alessia Candito su Repubblica.
E ancora: “dalla metà di marzo, l'Agenzia per la sicurezza interna libica (Isa) ha convocato e interrogato il personale delle organizzazioni non governative in Libia che si occupano di persone migranti e rifugiati, nonché lo staff di cliniche mediche private che collaborano a queste attività. I trasferimenti dei pazienti verso queste strutture sanitarie per ricevere cure mediche sono stati interrotti in seguito agli ordini dell'Isa, ha confermato Medici senza frontiere, una delle ong sotto accusa, che si dice molto preoccupata per le conseguenze sulla salute dei pazienti e sulla sicurezza degli operatori e operatrici umanitari nel Paese”, riporta ([link removed]) la giornalista Annalisa Cangemi su Fanpage.
3. Bloccati e bloccate nel campo profughi in Niger
Le organizzazioni della società civile hanno pubblicato una lettera aperta agli organismi e agli esperti delle Nazioni Unite, condannando le condizioni disumane nel campo umanitario dell’Unhcr vicino ad Agadez, in Niger.
“Da diversi anni Unhcr opera nel campo, che ospita principalmente persone provenienti dal Sudan e da altre zone di guerra, oltre ad altre persone che necessitano protezione internazionale. Le testimonianze inviate dalle persone residenti nel campo in relazione alle loro condizioni di vita sono estremamente allarmanti: si evidenziano gravi carenze di cibo, assistenza medica inadeguata, nessun accesso alla formazione per bambini e bambine. Le donne incinte, le persone anziane, le bambine e i bambini sono particolarmente vulnerabili a fronte di queste terribili condizioni. Oltre alle carenti risposte ai bisogni di prima necessità, non esistono prospettive durevoli e sostenibili per le persone che abitano nel campo. Alcune di loro si trovano lì da quasi nove anni, senza avere accesso allo status di rifugiato e senza avere la possibilità di costruirsi un’esistenza e un futuro autonomo”, riporta ([link removed]) l’Asgi.
E ancora: “le persone richiedenti asilo e rifugiate che risiedono nel campo provengono principalmente da paesi in guerra dell’Africa orientale. Inizialmente si trattava soprattutto di persone che erano state evacuate dalla Libia con il meccanismo di evacuazione di emergenza (ETM) o che erano fuggite dal paese a causa delle intollerabili condizioni di vita, sperando di essere ricollocate verso paesi più sicuri grazie all’assistenza di Unhcr. Negli ultimi anni, è diventato sempre più chiaro che molti richiedenti asilo sono intrappolati nel campo di Agadez a causa delle politiche di respingimento e deportazione attuate dagli Stati confinanti con il Niger, che violano gravemente i diritti dei migranti”.
4. La Cpi contesta ancora l’Italia
La Corte penale internazionale (Cpi) ha respinto la richiesta dell’Italia di prorogare il termine per la presentazione della memoria difensiva nel caso Almasri, capo della polizia giudiziaria libica ([link removed]) accusato di tortura nei centri di detenzione per persone migranti in Libia e che l’Italia ha liberato con un volo di stato verso il paese di origine.
“Il governo aveva giustificato la richiesta con l’indagine avviata dal Tribunale dei ministri, che coinvolge la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il sottosegretario alla sicurezza Alfredo Mantovano e i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. I giudici della Pre-Trial Chamber hanno chiarito che «la determinazione se uno Stato non abbia collaborato con la Corte internazionale è indipendente da qualsiasi procedimento nazionale, in particolare da quelli avviati dopo che la questione è all’esame della Chamber” riporta ([link removed]) Lettera 43. E ancora: “l’indagine dell’Aia ha avuto origine dalla mancata collaborazione dell’Italia nella consegna del generale, portando all’avvio di una procedura per accertamento di mancata cooperazione. Ora la Corte dovrà valutare se deferire il caso al Consiglio di sicurezza dell’Onu”.
5. In Tunisia nuova caccia alle persone migranti subsahariane
Una nuova ondata di persecuzioni discriminatorie nei confronti di persone migranti provenienti dai paesi dell’Africa subsahariana.
“Vi prego aiutateci, non sappiamo dove andare e, se ci prendono, non sappiamo che fine faremo. L’appello arriva da Yahya, un migrante originario della Guinea, che ci chiama da una zona remota della Tunisia, tra gli uliveti di Sfax: da giovedì è in atto una maxi operazione per distruggere le piccole tendopoli informali che si estendono per chilometri, tra Chebba e Sfax. Molte persone sarebbero state arrestate e attualmente in corso di rimpatrio. Nelle località di Al-Amra e Jebniana, a pochi passi dalla costa orientale, da tempo si sono costituite tendopoli di migranti e rifugiati dell’Africa sub-sahariana, tra cui vivono anche donne e bambini”, scrive ([link removed]) la giornalista Alessandra Fabbretti su Il Manifesto.
E ancora: “Yahya racconta: nei giorni precedenti agli sgomberi gli agenti ci hanno chiesto se volevamo tornare nei nostri paesi. Ieri abbiamo scoperto che chi ha accettato è stato abbandonato nel deserto, tra Algeria e Tunisia. Notizie difficili da verificare, ma una conferma arriva da Majdi Karbai, ex deputato e attivista tunisino in esilio in Italia: riceviamo resoconti secondo cui la Garde nationale lascia i migranti nel deserto, oltre i confini di Algeria e Libia, un’accusa che da tempo pende sul governo di Tunisi, che per la gestione del fenomeno migratorio percepisce decine di milioni di euro dall’Unione europea e dal governo Meloni, il quale ha fornito anche motovedette alla Guardia costiera tunisina per fermare le partenze”.
6. I nostri nuovi articoli su Open Migration
Meno di quattro mesi dopo la caduta del regime, una nuova ondata migratoria sta interessando la Siria. Dopo l’eccidio degli alawiti avvenuto fra il 6 e il 9 marzo nella zona occidentale, a Latakia e Tartus, fra le 9 mila e le 16 mila persone hanno già attraversato il confine con il Libano. Una crisi umanitaria senza fine dove anche l'Europa gioca un ruolo fondamentale nella chiusura dei confini e il respingimento dei e delle rifugiate. Ce ne parla ([link removed]) Ilaria Romano.
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